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RISING SOUNDS: Il piano, il beat e una vita in movimento, scopriamo chi è Vittorio Copioso

Il numero di Rising Sounds di questo mese è dedicato a Vittorio Copioso. Classe ’92, è un giovane pianista, produttore e compositore campano. Attualmente, insegnante di musica e potenziamento musicale per la scuola secondaria di primo grado. Alle spalle un percorso di studi in conservatorio e doppia specializzazione al biennio, e oggi ci parla dei suoi progetti futuri, tra EP, videoclip e trasferimenti in tutt’Italia.

Ciao Vittorio, la prima domanda è: Come stai? ‘Na bomba (Ridiamo) Si lavora, si suona e si cazzeggia. E si fanno videoclip in casa.

Dov’è che stai trascorrendo questo nuovo semi-lockdown? Precisamente, adesso mi trovo a Borgo Tossignano, nella provincia di Bologna.

Com’è iniziata la tua storia d’amore con le note musicali? È iniziata quando avevo sette anni e suonavo la tastiera. È iniziata con le basi musicali, e le canzoncine. Poi sono cresciuto, e mi sono avvicinato allo studio del pianoforte classico con il maestro Martino Nacca. È stato grazie a lui che ho scoperto il mondo del prog rock e, più in generale, del pianismo moderno. La mia prima formazione è proseguita poi nell’Accademia Arturo Toscanini di San Nicola La Strada, nella quale ho lasciato un vero e proprio pezzo di cuore, e ho conosciuto tante persone meravigliose che porto sempre nel cuore. È stata una vera e propria storia d’amore, la mia con la musica. Una storia d’amore e odio.

È interessante questa dicotomia. Perché parli d’amore e odio?

Perché ho provato tanto, tantissimo amore per una cosa che da parte sua mi ha anche fatto tanto soffrire, e spesso ho pensato di doverla abbandonare. Con la musica ho litigato più e più volte, e ho pensato di doverla abbandonare.

Come si descriverebbe “Vittorio Copioso – Il musicista”?

Lo sai, questa domanda è proprio difficile. La vera risposta è: non lo so. Perché non mi considero per davvero un musicista, almeno adesso. Non vado più a suonare in giro, ho messo da parte la vita “del live”. Anche se mi sto divertendo con le mie produzioni musicali, quelle di altri artisti. Mi sono appassionato alla composizione di musica da film. Insomma, la vita di musicista è molto, molto legata alla vita personale. Sono una persona semplice, cerco di essere modesto, allegro, e porto ciò che sono in quello che faccio. Non riesco a scindere la persona dal musicista, e viceversa.

Ultimamente hai pubblicato diversi videoclip. Ci sono nuovi progetti all’orizzonte?

Niente di definitivo, a dire il vero. Mi sto divertendo a scrivere altra musica, coinvolgendo amici musicisti sparsi in giro per l’Italia. Quando avrò raccolto un buon numero di materiali che mi soddisfino sul serio, produrrò un EP. L’ennesimo, della mia carriera. (Ridiamo, poi proseguono le domande).

Quanti EP hai pubblicato, fino ad ora?

3 EP ufficiali e innumerevoli e randomici singoli.

Negli scorsi anni hai preso parte a diversi progetti in trio, in duo, da solista. C’è una di queste tipologie di formazione che preferisci?

No! (Ridiamo) Nessuna di queste tre è la mia preferita. La mia preferita è quella che avevo con i miei amici, in una band chiamata Garfield Funky Company, eravamo un collettivo musicale e suonavamo molti brani pieni di groove. Mi piace quando si è in tanti, sul palco, a suonare. E tutte le formazioni, in generale, mi sono piaciute perché ho condiviso musica con persone care. Ho suonato con Roberta Cacciapuoti nel duo Croce e Delizia, per il quale ho un amore infinito. Da poco abbiamo pubblicato una nostra versione del brano Passione con un video montato da me. E poi, beh, in trio ho avuto tante soddisfazioni. E per quanto riguarda il suonare da solo, vivo da solo, sto spesso da solo, qualcosa dovrò pur fare per non impazzire!

Hai collaborato con diversi artisti, nel corso degli anni. Ci racconti le esperienze che hai preferito?

Innanzitutto quella col mio trio, il Vittorio Copioso Trio, di base a Perugia, col quale abbiamo suonato e riarrangiato brani scritti da me in chiave hip-hop e jazz. Ci siamo divertiti con la libera improvvisazione, le cose erano spesso estemporanee. E, sempre a Perugia, ho suonato con il Cobres Trio. Eravamo la band resident in un locale in cui facevamo jam sessions. Ho scritto la sigla di Radio Pizza Olanda ed è stato estremamente divertente! Un’altra esperienza è stata quella di suonare con Stefano Di Battista, per un evento molto bello. Abbiamo suonato su una zattera in mezzo al lago. In tutto eravamo 12 musicisti, e come special guest Stefano Di Battista ha suonato qualche pezzo con noi, è stato veramente un onore. Inoltre, lo scorso luglio, ho partecipato ad un festival bellissimo chiamato “Il cantiere”. Abbiamo suonato ad Arezzo, e ho musicato una scena di un film. È stata una grandissima e bellissima esperienza, in collaborazione col conservatorio di Rovigo. Si tratta di un festival di lunga data, sono 45 anni che si ripete, e prendervi parte è stato veramente indimenticabile.

Ce n’è stata qualcuna che invece avresti evitato, e magari, tornando indietro non ripeteresti?

No, in realtà no. Ogni esperienza serve. Magari, qualcosa la modificherei, ma fondamentalmente rifarei tutto.

Com’è la tua vita tra composizione ed insegnamento?

Adesso, l’insegnamento della musica e del potenziamento musicale nella scuola secondaria di primo grado è diventato il mio lavoro principale. Mentre la composizione è il mio momento di sperimentazione, divertimento. Mando materiale a persone, amici.

Da qualche anno, sappiamo che hai fondato una tua etichetta indipendente, la Beat House Label. Ce ne vuoi parlare?

Trovare un’etichetta al giorno d’oggi è una cosa veramente complessa. Quando vuoi pubblicare qualcosa, qualcosa di tuo, vai incontro a tantissime problematiche. Quindi Beat House è il mio ponte personale tramite cui arrivare a tutte le piattaforme. Non si tratta solo di un’etichetta privata, usata solo da me, ma tramite Beat House lavoro nel mondo della post-produzione per altri artisti, per esempio la Drama SMP, composta da me e Federico Pedini, tramite cui scriviamo musica per film, e curiamo missaggio ed editing del materiale da noi prodotto. Quindi anche la sincronizzazione sotto le immagini, e via dicendo.

Quindi prendete in considerazione anche altri artisti, oltre alla vostra cerchia strettamente intima?

Sì, tutti quelli che hanno bisogno di missaggio, mastering, produzione musicale. Si predilige il mondo “groovy”, musica rap, hip-hop, che abbia sapori afro-cubani. Per ora è un’etichetta piccola, ma dà tante soddisfazioni. Io la chiamo “etichetta itinerante”, perché si sposta insieme a me. Mi piacerebbe, anche per il futuro, mantenere tutto più o meno online.

Che cosa bolle in pentola per i prossimi mesi?

Presto, spero, pubblicherò la mia tesi. Stiamo aspettando il momento giusto per pubblicarla, ed è la cosa più importante che aspetto. Per il resto, sono aperto a quello che la vita mi metterà davanti. Non mi spaventano i cambiamenti!

Vittorio, la nostra intervista è finita. Grazie per esserti raccontato, e grazie per aver condiviso con noi la tua musica e i tuoi progetti.

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Esce per Hydra Music “Voltei Pra Casa” dei Tijuaca Quartet

Guest star Stefano di Battista. Intervista all’artista Gerardina Tesauro, voce jazz dei Tijuaca Quartet

Un nuovo sound gira in città. Esce per HYDRA MUSIC il nuovo disco VOLTEI PRA CASA dei Tijuca Quartet. Il lavoro unico nel suo genere, in stile brazilian/jazz, vede dei suoi ideatori, artisti di livello internazionale. Testi e musica sono della jazzista Gerardina Tesauro, mentre gli arrangiamenti sono del pianista Marco De Gennaro. Altre personalità di rilievo come il contrabbassista Aldo Vigorito, il batterista Rocco Sagaria e la GUEST, il sassofonista Stefano Di Battista, hanno contribuito a rendere il disco un vero e proprio capolavoro che affonda le sue radici nella bella terra del Brasile.

ASCOLTA VOLTEI PRA CASA SU SPOTIFY


L’album è composto da sei tracce, tutte in portoghese, tranne Buonanotte Amor che è in italiano e di cui uscirà anche un videoclip con Hydra Music. A mo’ di subacqueo, Voltei pra casa è un’immersione e un’emersione: prima ci conduce nel profondo mare del nostro vissuto, delle nostre origini, della nostra storia e religione, poi ci fa tornare a galla con la consapevolezza che solo l’esperienza dell’interiorità può lasciare. In un viaggio mentale tra Italia e Brasile ci fa, appunto, tornare a casa, quella in ognuno di noi.

INTERVISTA A GERARDINA TESAURO, VOCE E AUTRICE DEI BRANI
 
So che hai vissuto un periodo in Brasile. Quanto questa esperienza ha influenzato il tuo modo di approcciarti alla musica e in che misura ha, inoltre, influenzato la stesura dei testi?
Un periodo lungo dieci anni durante il quale avviene un processo di svuotamento, di preconcetti e abitudini per dare spazio ad una nuova versione di ciò che siamo. Ovviamente si trasforma anche il modo di approcciarsi alla musica e all’arte, perché cambia il linguaggio. Nel mio caso ha sicuramente rafforzato il voler andare oltre la bellezza, dando importanza al significato, ma ha anche arricchito il mio bagaglio di nuovi ritmi, sound, colori, misticheria, storia e profumi.
Come possiamo definire il tuo genere musicale? Jazz bossanova brazilian?
Il mio è un genere Brazilian/Jazz dovuto anche, e soprattutto, alla fusione che avviene fra me e i musicisti. Il jazz ci dà la libertà dell’improvvisazione e di confluire nei vari generi bossa, reggae, drunk, samba.
Punta di diamante del disco “Buonanotte amor”: unica traccia in italiano e per cui girerai un videoclip sempre con Hydra Music. Perché per questo brano, rispetto agli altri, hai scelto la lingua italiana? Cosa racconta?
Certo si può decidere “a tavolino” in che lingua scrivere un brano o il giro di accordi che deve avere, ma quando si parla di processo creativo è diverso, perché quello avviene inconsciamente e l’inconscio non avvisa e non chiede permessi. Spesso accade di svegliarsi di notte ed avere l’impulso di trasferire su carta quello che vividamente abbiamo visto ad occhi chiusi. Buonanotte amor è stato ‘partorito’ in auto mentre ero diretta alle prove di teatro, quando ferma nel solito traffico delle 18:30 di una serata umida e malinconica, ho cominciato a cantare senza averne l’intenzione. Subito ho capito che non stavo canticchiando il solito motivetto che sarebbe poi finito nel dimenticatoio, e proprio per evitare di dimenticare, ho preso il cellulare per registrarlo! Il brano parla di amore e saudade, l’amore per una persona, per la vita, per la natura, per il proprio lavoro o per il potere. È un concetto universale che accomuna tutti, genera energia e passione, capace di smuovere le cosa e far andare avanti il mondo. Ho scelto questo brano per il videoclip proprio per dare la possibilità a chiunque di immedesimarsi e vedere il proprio amore attraverso il mio, premurandoci di averne innanzitutto per noi stessi.

Quali sono le tematiche più ricorrenti in “Voltei pra casa”?
Voltei Pra casa è chiaramente un’evoluzione artistica importante, quella che non interpreta, ma racconta in prima persona. Le tematiche variano dal sociale al personale: vi racconto le favelas di Rio De Janerio e, magari, del contatto perso e ritrovato con la parte più profonda di me stessa.
A fronte dei tuoi anni di esperienza: come l’arte influenza la tua vita e come la tua vita influenza l’arte?
L’arte non ha influenzato la mia vita, essendo essa la rappresentazione della vita stessa, mi ha sicuramente insegnato a guardare ogni cosa da più punti di vista. La vita di un artista è fatta di rinunce e responsabilità, se ci si pone l’obbiettivo di dare messaggi utili alla comprensione del proprio io.
Il jazz: ci restituisci un’immagine contemporanea di questo genere musicale? Come si affaccia oggi al mondo e come è recepito dal pubblico?
Il Jazz è un genere colto di nicchia, lo è sempre stato, e probabilmente lo sarà sempre di più a causa dell’informazione mediatica che, purtroppo, propone degli stampi più commerciali e di massa. Ad ascoltarlo sono, infatti, per lo più gli “addetti ai lavori” musicisti, insegnati, che oltre alla bellezza ne colgono l’espressione evolutiva in termini di musica, di libertà ed emancipazione.
Diversi artisti di fama internazionale, come il sassofonista Stefano di Battista, hanno collaborato per la realizzazione di questo disco. Com’è nata questa sinergia?
La grandezza delle guest, in questo caso di Stefano Di Battista, sta proprio nel saper trovare quel punto d’incontro all’istante. Come quando delle stelle appaiono e danno luce, l’alchimia si genera nel susseguirsi di ricordi e piccoli aneddoti, resi in musica e poesia.
Cosa ti aspetti da questo disco?
Per me è un punto dal quale ripartire per un nuovo domani, per il futuro che mi auguro sia ancora più ricco di storie da vivere e raccontarvi. Mi aspetto l’opportunità di calcare i palchi, dove mi sento a casa, felice e lontana dalle mie paure.