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Coming very soon: le uscite di ottobre con Bruce Springsteen, Travis e tante riedizioni speciali

Come di consueto ci congediamo dal mese che sta per terminare e diamo il benvenuto a quello nuovo con Coming Very Soon, la nostra rubrica con il meglio delle nuove uscite musicali. Ottobre sarà un mese ricchissimo di nuovi album, grandi ritorni e riedizioni speciali. Pronti a scoprire cosa ci aspetta?

Il nuovo album dei Bon Jovi, Bon Jovi 2020 (del quale vi avevamo già parlato in un Coming Very Soon precedente perché previsto per lo scorso maggio), uscirà il 2 ottobre. Questo margine di tempo ha dato la possibilità al frontman Jon Bon Jovi di comporre altre due canzoni che sono state incluse nel disco e che rispecchiano pienamente il clima dei mesi scorsi. Il brano Do What You Can parla della lotta al Covid-19 ed è il singolo che accompagna l’uscita dell’album, mentre American Reckoning è una canzone di protesta per la morte di George Floyd e a supporto del movimento Black Lives Matter. Escono lo stesso giorno anche Melanie C, album omonimo dell’ex Spice Girl, e la compilation The Rarities di Mariah Carey, una raccolta di brani mai pubblicati e rarità che sicuramente sarà molto apprezzata dai fan.

Per la gioia di tutti gli amanti dell’indie rock made in UK, il 9 ottobre ritornano i Travis con il nuovo album 10 Songs. Si tratta del nono album in studio per la band scozzese, anticipato dai singoli A Ghost e Valentine. Restiamo nel Regno Unito e restiamo nell’ambito dell’indie rock, solo un pò più glam, perché il 16 è il turno dei The Struts e del loro terzo album Strange Days, anticipato dal singolo omonimo, un’insolita e sorprendente collaborazione con niente poco di meno che mr. Robbie Williams! Esce invece il 23 ottobre Song Machine, Season One: Strange Times, settimo album nonché interessantissimo progetto della band virtuale Gorillaz. Il disco raccoglie una serie di singoli e video musicali realizzati in collaborazione con artisti appartenenti ai generi più disparati, dal punk rock al synth-pop, passando per l’elettronica e la bossa nova.

Ora passiamo a lui, il disco più atteso non solo del mese ottobre, ma di tutto il 2020. Stiamo parlando del nuovo album di Bruce Springsteen che ritorna con Letter to you, 12 tracce incise insieme alla E Street Band. Letter to you esce a poco più di un anno da Western Stars ed è il ventesimo album del boss. Anticipato dal singolo omonimo, l’album contiene nove tracce scritte da Bruce nell’ultimo anno e tre brani, Janey Needs a Shooter, If I Was the Priest e Song for Orphans, composti negli anni settanta e mai incisi prima.

Infine compiono gli anni proprio questo ottobre una serie di album che hanno segnato la storia del rock di un periodo a cui tanto siamo affezionate, quello a cavallo tra il ventesimo e il ventunesimo secolo. Preparatevi a delle speciali riedizioni di Hybrid Theory dei Linkin Park che compie vent’anni, (What’s the Story) Morning Glory degli Oasis che ha ormai un quarto di secolo, All the Right Reasons dei Nickelback che ne compie ‘solo’ quindici e, dulcis in fundo, All That You Can’t Leave Behind degli U2 che spegne venti candeline. Feeling old yet?

Queste erano le uscite di ottobre che, siamo sicure, renderanno l’arrivo dell’autunno un po’ meno traumatico. Ci sono altri dischi che vi piacerebbe segnalarci? Scriveteci!

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Che fine hanno fatto #5 – Intervista a Daniele Groff

Siamo nel 1998. Un venticinquenne trentino con l’aria da bravo ragazzo e la chitarra in spalla si presenta a Sanremo Famosi, kermesse condotta da Max Pezzali con protagonisti quelli che sarebbero stati i partecipanti, nella sezione Nuove Proposte, del Festival di Sanremo 1999. Quel ragazzo si chiama Daniele Groff e quell’edizione di Sanremo Famosi la vince con un brano intitolato Daisy. Il brano unisce rock e melodia, chitarra ruvida e archi, riprendendo in maniera piuttosto evidente il genere del brit-pop, esploso proprio in quegli anni prima in Inghilterra e poi nel resto del mondo. Ho avuto il piacere di fare una chiacchierata con Daniele e di ripercorrere con lui la sua carriera fatta di palchi importanti e collaborazioni straordinarie, ma anche di uscite di scena, pause e progetti ancora in corso.

Cominciamo con una domanda facile: dove sei?
Dopo tanti anni a Roma sono ritornato nel mio luogo di origine, in Trentino, dove ho trascorso la mia giovinezza e dove ho studiato. Sebbene l’offerta in termini di attività culturali sia molto meno variegata rispetto a quella della capitale, sono comunque soddisfatto della qualità della vita quassù.

Fin dall’esordio sei stato accostato al brit-pop, in particolare alla musica degli Oasis, e ascoltando la tua musica viene quasi spontaneo pensare che il tuo sia stato un vero e proprio tentativo (forse l’unico) di importare in Italia queste sonorità. Credi di essere stato inconsapevolmente influenzato dai dischi che hai ascoltato in quel periodo oppure hai consapevolmente scelto di rifarti a questo genere?
Ho cercato di importare in Italia un sound che secondo me non era ancora stato proposto ed è stato un processo molto consapevole, ma anche molto sofferto. Mi è infatti costato un bel po’ di fatica spiegare ai miei collaboratori, ai tecnici del suono e ai discografici come volevo che fossero le mie canzoni. Il genere aveva cominciato ad interessarmi già a 19 anni, complice un viaggio in Inghilterra. Cominciai ad ascoltare i Beatles e poi gli Oasis, i Blur e i Radiohead, gruppi che in Italia venivano considerati un po’ di nicchia, di certo non mainstream. Mi affascinava il mix di rock e melodia di quelle canzoni che avevano la pretesa di uscire dal ‘garage’ e di arrivare alla gente, così ho fatto mio questo genere che in Italia mancava. L’etichetta di artista brit-pop me la sono un po’ cercata, ma devo dire che il continuo accostamento ai fratelli Gallagher da parte della stampa nei confronti di un artista dall’identità ancora in ‘divenire’ è stato, a tratti, pesante.

Hai citato gli Oasis, i Blur e i Radiohead come tue fonti di ispirazione. Ci sono anche artisti italiani ai quali senti di dovere qualcosa?
Sicuramente hanno influenzato la mia scrittura le note che mi arrivavano all’orecchio da bambino, sia dalla radio in macchina che dalla chitarra di mio padre che strimpellava. Dalla, De Gregori e Battisti soprattutto, ma anche Baglioni, Celentano, Iannacci. Tutti cantautori dalle grandi personalità.

Hai calcato, ancora giovanissimo, il palco dell’Ariston. Che ricordi hai di quel periodo?
E’ stata un’esperienza forte sotto molti punti di vista. E’ un palco che mette soggezione anche ai più esperti – e io di certo non lo ero – perché sei consapevole che dietro quelle telecamere ci sono milioni di persone, c’è la gente comune, la stampa, i discografici. Per una settimana è stato come vivere in una bolla, a metà tra un sogno e un delirio, con i fan che ti aspettavano sotto l’hotel e davano vita e vere e proprie scene di isteria collettiva. I ricordi che ho di quel periodo sono bellissimi, ma anche caotici e confusi. Sono comunque molto grato di avere avuto la possibilità di prendere parte a questa grande festa della musica, sebbene credo che all’epoca non fossi pienamente consapevole di quello che stavo vivendo…

E a proposito di consapevolezza: se tu potessi dare un consiglio al Daniele dell’epoca, quale sarebbe?
Altro che ‘no regrets’, come canta Robbie Williams. Darei sicuramente più consapevolezza al ragazzo che ero, perché nella confusione che vivevo non sempre ero presente a me stesso. Cercherei di respirare un po di più e di godermi il momento, ma anche di darmi spazio e tempo di riflettere, di dire anche di no qualche volta. Qualche anno fa ho portato le mie due figlie a un incontro con Fedez e sono rimasto molto colpito dalla sua sicurezza, dal suo sapere esattamente chi era e cosa voleva. Una consapevolezza che io, alla sua età, mi sarei sognato – magari perché per indole sono più sensibile e tendo a farmi trascinare dalle cose.
Per quanto riguarda le scelte artistiche che ho fatto, una parte di me lascerebbe tutto così com’è, un’altra sarebbe curiosa di vedere ‘come sarebbe andata se’. Mi riferisco soprattutto al mio secondo album Bit, in occasione del quale decisi di ‘tradire’ il sound del primo, Variatio 22, perché stanco delle critiche che mi venivano rivolte per la vicinanza agli Oasis.

Ripensando a tutta la tua carriera, qual è la cosa della quale vai più fiero?
Sicuramente i due giorni trascorsi in studio con Lucio Dalla per la scrittura del testo di Lory. Non mi sembrava nemmeno reale, soprattutto perché Lucio mi parlava come se fossimo stati pari, ma io mi sentivo soltanto un suo fan, un ragazzino al cospetto di in un pezzo di storia vivente. Sono fiero anche della mia collaborazione con Renato Zero: lui apprezzava molto la mia musica e mi chiese di aprire i suoi concerti negli stadi di tutta Italia durante le tournée del 2004 e del 2007. Sono state esperienze di live molto forti, insieme a quella del primo maggio 1999, il mio primo vero live. Vado molto fiero anche del mio primo disco, Variatio 22, che mi sono guadagnato con immensa fatica, andando anche contro il volere dei miei che mi avrebbero volentieri visto prendere una laurea perché, si sa, nella musica solo uno su mille ce la fa.

Se dovessi far ascoltare un solo brano a una persona che non ti conosce affatto, quale sceglieresti?
Sicuramente sceglierei tra i miei brani più popolari, nei confronti dei quali nutro un senso di gratitudine perché sono quelli che mi hanno regalato un rapporto con la gente, la possibilità di viaggiare, di esibirmi e cantare con loro. Probabilmente sceglierei Sei un miracolo, un mio piccolo evergreen, oppure Daisy, che in fondo è quella che mi rappresenta di più. Ogni riga del testo è ispirata a un libro, a una poesia o a un momento di vita vissuta.

Dopo il terzo album Mi accordo, uscito nel 2004, ti sei allontanato dal grande pubblico. E’ stata una scelta tua oppure il risultato di contrasti con, ad esempio, l’etichetta discografica?
In realtà ho lavorato a un quarto album che sarebbe dovuto uscire nel 2008, anticipato già nel 2007 dal singolo Prendimi, frutto di una collaborazione con i Fool’s Garden (quelli diventati famosi con Lemon Tree, ndr). Quel singolo uscì nel mezzo di una serie di cambiamenti epocali per l’industria della musica. Cominciavano a ingranare i talent, la musica si cominciava a scaricare, i dischi si vendevano molto meno. I discografici mi rassicuravano, il problema non ero io, ma io mi convinsi del contrario e decisi di prendermi una pausa a tempo indeterminato. Avevo la sensazione che non ci fosse più pubblico disposto ad ascoltarmi e ho preferito non far uscire mai quel disco per non ‘bruciarmelo’. La pausa però è durata più a lungo del previsto. Quando nel 2015 ho fatto un tentativo di ritorno con il brano Bellissima la verità (supportato da alcuni amici romani produttori) mi sono reso conto che il modo di fruire la musica era ormai radicalmente cambiato. Si tende a sottovalutare la storia che il tempo passa…

L’allontanamento dal grande pubblico, tra l’altro, ha riguardato non soltanto te ma tutta una serie di cantautori di fine anni novanta\inizio anni duemila – penso a Luca Dirisio, Simone Tomassini, Paolo Meneguzzi – che nonostante abbiano continuato a produrre, sono rimasti ai margini…
Si sa, la musica è monopolio dei giovani. Ti ricordo che sono passati già vent’anni!

A proposito di giovani, ascolti volentieri gli artisti di oggi?
Grazie alle mie ragazze di diciotto e vent’anni sono rimasto aggiornato sul panorama musicale, che a mio avviso oggi è molto frammentato e ‘citazionistico’, senza particolari icone o elementi di rottura. E’ un grande caleidoscopio con poca caratterizzazione, conosci la canzone ma quasi mai sai chi è che canta. Tutto è suddiviso in playlist e non si ascoltano più i dischi dalla prima all’ultima traccia. Detto ciò, trovo molto interessante Frah Quintale: bella vocalità, testi interessanti e un sound un po’ funk alla Jamiroquai. Apprezzo molto anche il nuovo indie italiano: i TheGiornalisti e Tommaso Paradiso, Coez e soprattutto Calcutta che considero il capostipite di questo nuovo filone, importanza che, in questo senso, definirei già storica. Se mi si presentasse l’occasione, di certo non rifiuterei una collaborazione con uno di questi artisti!

L’ultima domanda è esattamente il titolo della rubrica. Che fine hai fatto? Tornerai?
Ammetto di essere stato a un passo dal mollare, ma sento di avere ancora un debito, come se avessi ancora qualcosa da portare a termine. Non so dirti quando succederà, ma l’intenzione di ritornare c’è, anche se sono consapevole di non avere tutta l’energia che avevo un tempo, necessaria per lavorare a un disco ed eventualmente a una bella tournée. In ogni caso, in questa lunga assenza non ho mai smesso di scrivere, ma anche di riscrivere e perfezionare materiale che avevo già, soprattutto durante il lockdown. Ho delle canzoni che non voglio lasciare nel cassetto e il giorno in cui usciranno saprò che, anche se non sono perfette, rappresentano il meglio che potessi fare.

Facciamo un grosso in bocca al lupo a Daniele per i suoi progetti futuri e speriamo in un suo ritorno! Quale artista ti piacerebbe fosse il protagonista del prossimo Che fine hanno fatto? Faccelo sapere!

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Buon Compleanno Queen Bey! La carriera di Beyoncé in 10 tappe

In occasione del suo trentanovesimo compleanno, dedichiamo il Discovery Woman di settembre a colei che rappresenta la diva per eccellenza, Beyoncé Knowles. Con la sua voce inconfondibile e potentissima, la tigre di Houston ha lasciato un segno indelebile nella musica e nella cultura pop. Con classe e fierezza si è sempre fatta portavoce, sul palco e giù dal palco, di temi politici e non ha mai avuto paura di esprimere le sue opinioni o il suo dissenso, ispirando intere generazioni. Per questi motivi è universalmente riconosciuta come la regina, Queen Bey. Riassumere la sua carriera non è impresa semplice, ma noi ci abbiamo provato e abbiamo deciso di racchiuderla in dieci tappe, secondo noi, fondamentali.

  1. Le Destiny’s Child, ovvero il gruppo femminile che ha venduto di più in tutta la storia della musica
    Le straordinarie doti canore di Beyoncé emergono già nei primi anni di vita e a soli 8 anni fa parte del gruppo Girl’s Tyme, dalle cui ceneri nasceranno le Destiny’s Child. Le componenti non sempre vanno d’accordo e la formazione cambia diverse volte, ma nonostante ciò il gruppo, nella seconda metà degli anni Novanta, riesce a conquistare il mondo intero. Say my name, Jumpin’ Jumpin’, Independent Women (colonna sonora del film Charlie’s Angels) e Survivor sono solo alcuni dei loro grandi successi. Nel 2001 il progetto viene messo da parte per permettere alle componenti Beyoncé, sua cugina Kelly Rowland e Michelle Williams di avviare una propria carriera solista, per poi essere ripreso nel 2004, anno in cui esce il loro ultimo album Destiny Fulfilled. L’album è seguito da un ultimo, memorabile tour.
  2. Un esordio da record: Crazy in Love
    Il 20 maggio 2003 esce Crazy in Love (interpretata con il futuro marito Jay-Z), il primo singolo estratto da Dangerously in Love, primo album da solista di Beyoncé. Valutare quanto sia stato effettivamente grande l’impatto culturale di questo brano, ripetutamente certificato platino in un gran numero di paesi occidentali, è impossibile. Numerosi critici musicali e riviste hanno collocato Crazy In Love tra i brani più significativi degli anni Duemila, tra cui Rolling Stones. La rivista mette infatti Crazy in Love al terzo posto, aggiungendo che lo squillo di trombe all’inizio del brano non era un’introduzione, bensì un’annunciazione, quella della nuova regina del pop (qui potete trovare la classifica completa).
  3. Listen, to the song here in my heart…
    Come dimenticare la performance da pelle d’oca del brano Listen nel film Dreamgirls? L’amatissimo brano di Beyoncé fa parte della colonna sonora di questo film del 2006, adattamento di un musical omonimo di Broadway risalente al 1981 e incentrato sulla storia del gruppo vocale femminile degli anni sessanta The Supremes (del quale faceva parte Diana Ross). Fanno parte del cast anche Jamie Foxx, Eddie Murphy e Jennifer Hudson. Beyoncé interpreta Deena Jones, personaggio ispirato a Diana Ross. L’interpretazione le valse due nomination ai Golden Globe, una per Migliore Attrice e una per Miglior Canzone Originale (per Listen).
  4. Un album in tempi record: B-Day
    Sono soltanto tre le settimane in cui B-Day è stato pensato, arrangiato e registrato. Le riprese di Dreamgirls sono appena terminate e Beyoncé afferma di non essere mai stata così piena di idee ed energia creativa. Il disco esce il 4 settembre del 2006, giorno del venticinquesimo compleanno di Beyoncé. E’ un successo strepitoso, tant’è che i singoli estratti sono ben 6 (Déjà Vu, Ring the Alarm, Irreplaceable, Beautiful Liar – insieme a Shakira, Get me Bodied e Green Light). Con questo album si consolida l’immagine di Beyoncé come regina del pop, ma anche la coppia Beyoncé & Jay-Z. I due infatti duettano nuovamente nel singolo che fa da traino al disco, Déjà Vu.
  5. Il balletto di Single Ladies
    Tre donne schierate con addosso un body nero, le immagini in bianco e nero, la mano che si muove seguendo il ritmo. Probabilmente si tratta del video musicale più semplice e evocativo allo stesso tempo, sicuramente uno dei più riprodotti, copiati e parodiati di sempre. Single Ladies (Put a Ring on it) è un brano tratto dall’album del 2008 I Am…Sasha Fierce che, neanche a dirlo, è l’ennesimo successo (ricordiamo i singoli If I Were a Boy, Halo e il riuscitissimo duetto con Lady Gaga, Video Phone). Manca ancora un bel po’ alla fine del decennio, ma è già chiaro che è Beyoncé l’artista femminile che nel periodo 2001-2010 ha avuto più brani in top ten ed è rimasta per più settimane alla posizione numero 1 delle classifiche.
  6. Chi manda avanti il mondo? Le ragazze!
    Dopo una pausa durata un anno, Beyoncé torna nell’aprile del 2011 con un brano in cui non le manda affatto a dire e che anticipa l’uscita dell’album 4. Who Run the World? (Girls) è un brano grintoso che celebra la forza delle donne in un modo tutt’altro che scontato. Incredibile la sua performance ai Billboard Music Awards del 2011, quando le fu assegnato il Millenium Award. La performance coinvolse 100 ballerini, un gigantesco schermo interattivo e fuochi d’artificio, roba che quattro luglio, spostati. Who Run the World? (Girls) rappresenta una svolta politica per Beyoncé, che includerà sempre più nel suo modo di fare musica temi come l’emancipazione delle donne e degli afroamericani. Intanto trova anche il tempo di collaborare con la Casa Bianca, in particolare con la first lady Michelle Obama, per diverse iniziative sociali.
  7. L’album a sorpresa e On The Run Tour
    C’é davvero bisogno di sbattersi con la promozione di un album quando ti chiami Beyoncé? A quanto pare no, non c’è bisogno. L’album in questione, intitolato semplicemente Beyoncé, è in effetti molto più di un album. Si tratta di un visual album, composto da 14 brani e 17 clip. Esce la notte tra il 12 e il 13 dicembre 2013 su i-Tunes e, nonostante sia stato pubblicato praticamente ad anno finito, riesce comunque a diventare in meno di venti giorni il decimo album più venduto del 2013, grazie a successi come Drunk in Love, Pretty Hurts, XO e Partition. I brani di questo album saranno al centro di On the Run Tour, lo spettacolare tour da 110 milioni di dollari di incassi che Beyoncé mette in piedi insieme a suo marito Jay-Z.
  8. Formation e l’esibizione al Super Bowl
    Il 6 febbraio 2016 Beyoncé lancia su Tidal un brano intitolato Formation, con il quale si esibisce, il giorno dopo, durante l’Halftime Show del Super Bowl (che vede quell’anno anche la partecipazione di Bruno Mars e dei Coldplay). Formation è stata definita da un giornalista di Rolling Stones come una canzone assolutamente necessaria in tempo di Black Lives Matter. E’ un brano potente che ruota intorno ai temi del black pride, dell’eredità culturale degli afroamericani e del razzismo. L’esibizione al Super Bowl suscita varie polemiche, poiché la coreografia nell’insieme ricorda la rivoluzione afroamericana delle Black Panthers che ha avuto luogo nel corso degli anni Settanta e Ottanta. Formation anticipa l’uscita del monumentale album Lemonade (sul quale scriveremo un articolo più approfondito in occasione del quinto anniversario) e dello spettacolare Formation World Tour.
  9. Homecoming, A film by Beyoncé
    Prendete una performance spettacolare di Beyoncé, ovvero quella di Coachella nel 2018. Prendete tutti i retroscena, dalla progettazione delle coreografie al duro lavoro delle prove. Prendete una Beyoncé, solitamente estremamente riservata, che si mostra umana, fragile e provata dalla fatica mentre prepara lo show (e tra l’altro non si è ancora ripresa del tutto dal parto dei suoi due gemelli, avvenuto solo qualche mese prima). Joe Coscarelli del New York times ha descritto Homecoming come uno sguardo al concerto ‘intimo e approfondito’, come ‘la strada emotiva dal concetto creativo a un movimento culturale’. Il film, ideato e creato in collaborazione con Netflix, ha ricevuto un plauso universale. Se non l’avete visto vi consigliamo di rimediare subito.
  10. La colonna sonora de Il re Leone e Black is King
    Nel luglio del 2019 è uscito il remake de Il re Leone e Beyoncé si è cimentata nel doppiaggio del personaggio di Nala e nell’interpretazione del brano Spirit, parte della colonna sonora del film. I brani che compongono la colonna sonora di questa nuova versione de Il Re Leone sono racchiusi all’interno di The Lion King: The Gift, curato e prodotto da Beyoncé, al quale hanno partecipato anche numerosi artisti africani.
    Il 19 giugno 2020 Beyoncé pubblica Black Parade, un brano con il quale intende commemorare la fine della schiavitù dei neri negli Stati Uniti. La data di uscita del brano non è casuale: il 19 giugno, o Juneteenth, è proprio il giorno in cui si celebra la fine dei soprusi sui neri ed è stata istituita proprio in Texas, dove Beyoncé è nata. Black Parade assume un significato ancora più profondo perché pubblicata poco dopo l’assassinio di George Floyd e nel clima di protesta che ne è derivato. I proventi vengono destinati alle piccole imprese di proprietà di afroamericani. Ma l’attivismo di Beyoncé sulle tematiche del movimento Black Lives Matter non finisce qui. Il 31 luglio scorso è uscito infatti Black is King, che è allo stesso tempo un film e una versione visual dell’album The Lion King: The Gift. Il progetto, interamente ideato e diretto da Beyoncé, è stato acclamato dalla critica per regia, design dei costumi, soggetto e soprattutto per le tematiche culturali trattate.

    Riassumere la carriera di un’artista così attiva su tanti fronti non è semplice, ma abbiamo fatto del nostro meglio. In quale fase e in quali vesti l’hai apprezzata di più? Scrivicelo qua sotto, oppure seguici sui nostri social. Ci trovi su Facebook, Instagram e Twitter.



Che fine hanno fatto #4 – Sugarfree

Per questo Che fine hanno fatto? di piena estate, l’ultimo prima della pausa di agosto, vi portiamo nel luogo dove tutti ora vorremmo essere (io per prima, che sto scrivendo questo articolo sotto il cielo perennemente coperto di Rotterdam). Vi portiamo nella nostra splendida Sicilia e già che ci siamo prendiamo la navetta fino ad arrivare al 2005, l’anno in cui un gruppo catanese, nascosto dietro ad un nome inglese, diventa la band rivelazione dell’anno, grazie a un brano pop-rock sull’amore che diventa ossessione, mania, bisogno viscerale. Ovviamente stiamo parlando degli Sugarfree e della loro famosissima Cleptomania!

Gli Sugarfree muovono i primi passi nel circuito dei pub catanesi e inizialmente suonano soprattutto cover di canzoni rock degli anni cinquanta e sessanta. Ben presto vengono notati dalle reti televisive locali e la loro popolarità aumenta a dismisura. L’ascesa comincia con l’incontro con il produttore Luca Venturi e un contratto con Warner Music Italy firmato nell’ottobre del 2004. Il frontman della band, Matteo Amantia, fa il suo ingresso negli Sugarfree solo a contratto già firmato, dopo che frontman originario aveva lasciato la band per problemi personali. Di lì a poco verrà registrato il fortunato brano Cleptomania, scritto dall’autore di Gela Davide Di Maggio e arrangiato dalla band stessa. Cleptomania resterà al primo posto delle classifiche per ben cinque settimane e nella top five per 22 settimane, superando le 60.000 copie vendute e diventando disco di platino.

Il primo album degli Sugarfree, Clepto-manie, esce il 6 maggio 2005 e ancora in prevendita diventa già disco d’oro. Il disco è anticipato dal singolo Cromosoma che la band catanese porta sul palco del Festivalbar 2005. Il Clepto-manie Tour porta la band in giro per lo stivale fino alla fine dell’anno e le sue tappe segnano un successo dopo l’altro. Gli Sugarfree accedono al palco più importante, quello dell’Ariston, nel febbraio 2006. Partecipano al Festival di Sanremo numero 56 con Solo lei mi dà, emozionante brano sulla vita dopo la fine di una relazione. In seguito alla partecipazione al Festival, Clepto-manie viene pubblicato in una nuova versione contenente sia il brano sanremese che l’inedito Inossidabile, con il quale la band partecipa al Festivalbar 2006.

Il 2008 è un anno pienissimo per i ragazzi di Catania, che lo inaugurano con una fortunata collaborazione cinematografica. Il brano Scusa ma ti chiamo amore fa infatti da colonna sonora all’omonimo film tratto dal romanzo di Federico Moccia e diventa uno dei singoli più venduti dell’anno. Gli Sugarfree trascorrono un’altra estate in giro per l’Italia con Aspettando Argento Tour e a settembre esce il secondo album in studio Argento, anticipato da singolo Splendida, già scelto per accompagnare i titoli di coda del film Blind Dating di James Keach, nella sua versione in italiano. Segue a questa collaborazione un mini tour negli Stati Uniti.

Il 2009 è un anno di crisi: il frontman Matteo Amantia abbandona gli Sugarfree per tentare un’avventura da solista (il suo primo disco, Matteo Amantia, esce nell’aprile 2011) e viene sostituito da Alfio Consoli. La stessa cosa accade con il chitarrista Luca Galeano che viene sostituito da Salvo Urzì. Va via anche il tastierista Vincenzo Pistone e non viene sostituito, così la band prosegue in una formazione a quattro. Nonostante il caos di questo periodo la band riceve, nell’agosto del 2009, il premio dell’Italian Fanclub Music Award. I cambiamenti non impediscono agli Sugarfree nemmeno di proseguire nei loro tour. Saranno infatti protagonisti del L’Origine Tour nel 2009 e del In Simbiosi Tour nel 2010. In Simbiosi è anche il titolo del loro terzo disco, il primo della nuova formazione. Vengono estratti i singoli Regalami un’estate e Amore nero.

Il 2011 è l’anno di Famelico, quarto album in studio pubblicato il 6 maggio, anticipato dal singolo Lei mi amò, scritto da Fortunato Zampaglione, già autore del brano sanremese Solo lei mi dà. Ad ottobre, dopo il consueto tour estivo che porta il nome dell’album uscito a maggio, ricevono a Bagnara il Premio Mia Martini speciale. Questa stabilità appena ri-conquistata non durerà a lungo, perché nell’estate del 2012 anche il chitarrista Salvo Urzì decide di lasciare il gruppo. I membri restanti, a questo punto solo tre, decidono di non coinvolgere altri membri fissi e di proseguire comunque con il progetto Sugarfree, concentrandosi soprattutto sui live in giro per l’Italia. Ad accompagnarli nelle tappe dei vari tour, a partire dal 2013, anche il nuovo brano Pura e Semplice.

A sorpresa, nel dicembre 2014, anche il novello frontman Alfio Consoli lascia il gruppo. Il 2015 si apre quindi con un grande ritorno, quello del frontman con il quale gli Sugarfree erano diventati famosi, Matteo Amantia. Nessun nuovo disco in vista per la band, ma una serie di singoli che li accompagnano nei loro live, un’abitudine mai smessa. Nel 2016 esce Ti amo a Milano, nel 2017 Le tue favole e Non basta stare insieme.

Ma dove sono gli Sugarfree oggi? La formazione è, più o meno, tornata ad essere quella degli inizi. Oltre al frontman Matteo Amantia, gli altri superstiti sono Carmelo Siracusa al basso e Giuseppe Lo Iacono alla batteria. Ma c’è dell’altro: il gruppo ha ripreso i contatti sia con il produttore che gli ha permesso di muovere i primi passi, Luca Venturi, sia con Davide di Maggio, autore del loro primo grande successo Cleptomania. Il nuovo singolo degli Sugarfree (in collaborazione con Serena De Bari), uscito a fine 2019, è il frutto di questi ritorni e legami mai spezzati e si intitola, appunto, Frutta. L’instabilità alla base della formazione del gruppo ha sicuramente minato in modo importante la loro produttività nel corso dell’ultimo decennio, ma dobbiamo riconoscere che i componenti sono riusciti a tenersi stretta e a mantenere coerente la loro immagine sempre romantica, appassionata e vagamente anni settanta. Continuiamo a tenere d’occhio gli Sugarfree, hanno sicuramente ancora molto da raccontarci.

Speriamo che questo pieno di nostalgia vi basti fino a settembre! Questo era infatti l’ultimo ‘Che fine hanno fatto’ prima della pausa estiva. Torneremo a settembre cariche di idee e nuovi spunti!

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20 anni di tormentoni estivi: 2011/2015

Rieccoci con il nostro consueto appuntamento dei venerdì estivi, quello con la storia dei tormentoni che hanno accompagnato le estati italiane. Dopo il viaggio dal 2000 al 2005 e quello dal 2006 al 2010, oggi è la volta del periodo 2011 – 2015. Si tratta di anni cruciali per la trasformazione digitale. L’ascesa degli Youtubers è ormai inarrestabile, si fa strada tra gli job titles anche quello di influencer (supportata dalla crescente importanza del social network fotografico Instagram), gli smartphones diventano ufficialmente un’estensione del nostro braccio. La trasformazione digitale coinvolge anche il mondo della musica: siamo ufficialmente nell’era dello streaming e il carburante di questi cambiamenti sono colossi della tech come lo svedese Spotify. Ma quali erano i pezzi che d’estate riempivano le nostre playlist preferite? Scopriamolo insieme!

✦ 2011
Impressionante il numero di hit sfornate quell’estate, molte frutto di collaborazioni. Adam Levine e Christina Aguilera ci entusiasmano con Moves Like Jagger, Pitbull e Jennifer Lopez rispondono con On The Floor, remix a sua volta di un altro tormentone, la Lambada. Jovanotti e Michael Franti fanno il botto con Sound of Sunshine, mentre di nuovo Pitbull, stavolta insieme a Ne-Yo, domina in radio con Give Me Everything. Regine dei party sono Danza Kuduro di Don Omar e Lucenzo e ovviamente Party Rock Anthem di LMFAO. Direttamente dal Brasile arrivano Michel Telò con Ai Se Eu Te Pego e Maria Gadu con la delicata Shimbalaie, dalla Romania invece arriva Alexandra Stan con Mr. Saxobeat. Shakira appare Rabiosa e Rihanna si cala perfettamente nei panni di un’assassina in Man Down. Top tormentone: ovviamente The Lazy Song di Bruno Mars. Più che un brano, uno stato d’animo.

✦ 2012
Il fascino delle canzoni brasiliane colpisce ancora. Stavolta l’Italia canta Tchê tcherere tchê tchê insieme a Gustavo Lima in Balada. Nei villaggi vacanze si ballano Ma Chérie di Dj Antoine e i vari remix del brano (tremendo) del Pulcino Pio. Payphone dei Maroon 5 in collaborazione con Wiz Khalifa e Summer Paradise dei Simple Plan insieme a Sean Paul faranno da colonna sonora ai tanti amori nati nella bella stagione. Ricordiamo anche la maliziosa Whistle di Flo Rida e la bellissima Somebody That I Used To Know di Gotye. Endless Summer di Oceana fa da sigla agli Europei di calcio e la cantiamo sperando settembre arrivi il più tardi possibile. Top tormentone? L’irresistibile Call Me Maybe di Carly Rae Jepsen.

✦ 2013
Un’estate piena di successi italiani quella del 2013. Romantica per Max Pezzali con L’Universo Tranne Noi, spensierata per Emma Marrone con Dimentico Tutto e divertente per Levante con Alfonso. Tra le più ballate, Applause di Lady Gaga, Burn di Ellie Goulding e Get Lucky dei Daft Punk. Katy Perry ci sprona a fare di meglio con Roar e gli Icona Pop insieme a Charlie XCX urlano al mondo che, anche se tutto va male, I don’t care, I Love It. In rotazione perenne Blurred Lines di Robin Thicke, I’m in Love di Olà e Just Give Me a Reason di P!nk. Ritorna anche David Guetta, che insieme a Ne-Yo e Akon dà vita al brano dance Play Hard. Top tormentone: Wake Me Up di Avicii, un brano che parla di gioventù, di errori e di speranza.

✦ 2014
E’ un’estate all’insegna dei good vibes grazie alla contagiosa Happy di Pharrel Williams. L’olandese Mr. Probz canta le onde del mare in Waves e il cielo estivo diventa A Sky Full Of Stars grazie ai Coldplay. Calvin Harris sceglie di chiamare la sua hit semplicemente Summer e Nico & Vinz si chiedono Am I wrong? Sia è da brividi in Chandelier e Katy Perry è a dir poco ipnotica, vestita da Cleopatra, nel video di Dark Horse. In Italia dominano le radio Cesare Cremonini con la splendida Logico e il sempre romantico Francesco Renga con Vivendo Adesso. Sam Smith implora Stay With Me, mentre il talento di Stromae, che canta Tous le Memes, ci lascia ancora una volta a bocca aperta. Top tormentone: Bailando di Enrique Iglesias. C’è chi ammette di averla ballata almeno una volta e c’è chi mente.

✦ 2015
L’estate del 2015 habla decisamente español. Andiamo tutti pazzi per El Mismo Sol di Alvaro Soler e El Perdón di Enrique Iglesias e Nicky Jam. Tra gli artisti italiani, J Ax pubblica l’orecchiabile Maria Salvador insieme a Il Cile, Cesare Cremonini ritorna con Buon Viaggio (Share the Love) e Everytime dei campani The Kolors è ovunque tra radio e spot pubblicitari. Menzione speciale per Jovanotti e la sua L’estate Addosso. In discoteca si danza a ritmo di Lean On dei Major Lazer e Dj Snake, ma anche di Want To Want Me di Jason Derulo. Super catchy Cheerleader di Omi e Worth It delle sensualissime Fifth Harmony. Top tormentone: Roma-Bankok, la tratta più famosa dell’estate, frutto dell’inaspettata e azzeccatissima collaborazione tra Giusy Ferreri e Baby K.

Cosa ve ne pare di questi brani? Ce ne sono altri che secondo voi avremmo dovuto includere nella nostra carrellata? Fatecelo sapere! Smells Like Queen Spirit vi dà appuntamento a venerdì prossimo per riascoltare i tormentoni estivi degli ultimi cinque anni.

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20 anni di tormentoni estivi: 2006/2010

Come promesso, anche questo venerdì vi proponiamo un nuovo episodio della nostra mini serie sui tormentoni estivi degli ultimi vent’anni (qui potete trovare il primo episodio). Oggi rivivremo le estati dal 2006 al 2010: è stato un lustro pieno di eventi memorabili, primo tra tutti la notte magica del 9 luglio 2006 che vide la nostra nazionale di calcio conquistare la coppa del mondo. Si tratta degli anni dell’ascesa di Facebook, dell’ingresso di Obama alla Casa Bianca, della tv dai mille reality show. Difficoltà a ricordare cosa ascoltavamo d’estate sulle spiagge italiane? Nessun problema, a rinfrescarvi la memoria ci pensiamo noi!

2006
La vittoria della nazionale italiana ai mondiali non poteva che essere celebrata con un inno: a scriverlo ci ha pensato Checco Zalone che ci regala la (volutamente) trashissima Siamo una squadra fortissimi. Quell’estate agitavamo i fianchi insieme a Shakira e alla sua Hips don’t lie e ai Gnarls Barkley con la loro Crazy. I Negramaro si imponevano sulla scena musicale italiana con la bellissima Nuvole e Lenzuola, mentre Gianna Nannini ci faceva sospirare con Sei nell’anima. A darci la carica ci pensava Ligabue con l’energica Happy Hour e Svegliarsi la Mattina degli Zero Assoluto accompagnava i nostri lenti risvegli estivi. Top tormentone: il ritorno bollente di Justin Timberlake con Sexyback.

2007
A invocare un po’ di pioggia nella torrida estate 2007 ci pensava Rihanna con l’iconica Umbrella, in cima alla classifica per mesi. Due delle più grandi popstar americane, Beyoncé e Shakira, contribuivano al surriscaldamento globale con Beautiful Liar. Grande successo per Irene Grandi con Bruci la città, mentre i Negramaro si riconfermavano Re delle estati italiane con Parlami d’amore. Mika ci invitava a rilassarci con Relax (Take it easy) e il nostro Fabrizio Moro ci invitava alla riflessione con la bellissima Pensa. Top tormentone: What I’ve done dei Linkin Park, un brano che dopo la tragica morte di Chester Bennington assume un significato ancora più profondo e struggente.

2008
Il tacco d’Italia era the place to be. Caparezza cantava Vieni a ballare in Puglia e scommetto che in molti hanno prenotato le vacanze lì grazie a lui. Estelle ci faceva venire voglia di partire per gli Stati Uniti con American Boy. Giusy Ferreri, reduce da X Factor, ci incantava con Non ti scordar mai di me e Fabri Fibra creava un inno generazionale con In Italia. La classe e il talento della cantante gallese Duffy emergevano nel brano Mercy, Sara Bareilles e il suo pianoforte ci facevano venire voglia di innamorarci con Love Song e Gabriella Cilmi ci teneva a precisare che, nonostante l’aspetto da ragazzina, Nothing’s sweet about me. Top tormentone? L’intramontabile Kid Rock e la sua All Summer Long.

2009
Le feste dell’estate del 2009 non potevano che aprire e chiudersi con I know you want me di Pitbull, ma a farci venire voglia di alzarci e ballare, fin dalla prima nota, era I Gotta Feeling dei Black Eyed Peas. Lady Gaga era ormai considerata la nuova Madonna e ci faceva scatenare con Paparazzi e David Guetta rincarava la dose con When Love Takes Over. Gli amatissimi Zero Assoluto ci proponevano Per Dimenticare e Tiziano Ferro rispondeva con Indietro. Release Me della svedese Agnes Carlsson risuonava nelle radio di mezzo mondo e Shakira tornava in scena con She Wolf. Top Tormentone? Domani 21.4.2009, il brano cantato dagli Artisti Uniti per l’Abruzzo, inciso per la raccolta fondi in seguito al tremendo terremoto del 2009.

2010
La coreografia che dominava i balli di gruppo di quell’estate era sicuramente quella di Waka Waka, il brano interpretato da Shakira in occasione dei mondiali di calcio in Sudafrica. Tutti ricorderanno Nothin’ on You del rapper B.O.B. e la sensualità di Rihanna in Te Amo. Lady Gaga chiamava disperatamente il suo Alejandro, mentre Katy Perry ci faceva sentire tutte un po’ delle California Girls. Da ascoltare ad alto volume Gettin’ Over You di Chris Willis e I Wanna di Bob Sinclair, mentre Stromae ipnotizzava il mondo con Alors on Danse. Top tormentone: Yolanda Be Cool e DCUP con We no speak Americano, rivisitazione di un classico della canzone napoletana diventata tormentone in tutto il mondo.

Ora tocca a voi! Vi ricordate di questi brani? A quale di questi siete particolarmente legati? Noi intanto vi diamo appuntamento a venerdì prossimo per rivivere insieme le estati che vanno dal 2011 al 2015.

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Che fine hanno fatto #3 – Zero Assoluto

Se siete nati intorno al 1990 e siete stati adolescenti all’alba del nuovo secolo è abbastanza improbabile che i vostri primi piccoli problemi di cuore non siano stati condizionati dalla visione di uno degli innumerevoli film di Federico Moccia, o magari dalle canzoni degli Zero Assoluto, che talvolta facevano parte proprio della colonna sonora dei suddetti film. È proprio a questo duo romano che dedichiamo il Che fine hanno fatto di questo mese: ricostruiamo la storia del loro successo e scopriamo cosa fanno oggi Matteo e Thomas!

Il loro sodalizio comincia sui banchi del famoso Liceo classico Giulio Cesare di Roma, dove i giovani Matteo Maffucci e Thomas De Gasperi si incontrano e, accomunati dalla passione per la musica rap, decidono di lavorare a un progetto comune. Per Matteo la musica era già pane quotidiano: suo padre è stato infatti direttore del Festival di Sanremo per circa un ventennio, dal 1982 al 2000. La prima canzone di Thomas e Matteo è parte di una compilation dal titolo Nati per rappare e contiene già un riferimento al nome del progetto che li porterà al successo: si intitola infatti In due per uno zero. Il vero brano d’esordio risale però al 1999 ed è Ultimo capodanno, in collaborazione con il rapper Chef Ragoo. Il video vede protagonisti i calciatori della Roma, compreso il capitano Francesco Totti.

All’inizio degli anni duemila pubblicano alcuni singoli di discreto successo (Come voglio, Magari meno, Tu come stai) e un album, Scendi, del 2004. La vera e propria ascesa del duo comincia quando diventano conduttori della trasmissione Terzo piano, interno B su Hit Channel (oggi RTL 102.5 television). Dalla tv passano alla radio e conducono Suite 102.5, in prima serata dalle 21 alle 24 su RTL 102.5, rimanendo alla conduzione fino al 2008. La loro popolarità nell’ambiente radiofonico e musicale è ormai inarrestabile e nel 2005 esce il singolo Semplicemente che rimarrà in classifica per ben trenta settimane.

Nel 2006 partecipano al Festival di Sanremo nella categoria Gruppi con Svegliarsi la mattina, brano con il quale gli Zero Assoluto accedono alla finale (quell’anno solo otto canzoni su trenta sarebbero finite in finale). Svegliarsi la mattina è il singolo più venduto in Italia nel 2006 e diventa triplo disco di platino. Si aggiudica due dischi di platino anche il singolo successivo, Sei parte di me, con il quale gli Zero Assoluto vincono il premio rivelazione dell’anno al Festivalbar. Il duo è ormai amatissimo in Italia e nel 2007 si prepara a una preziosa collaborazione internazionale, quella con la cantante Nelly Furtado che incide con i due ragazzi romani il brano di grande successo All Good Things (Come to an End). Si esibiscono con la Furtado anche in una delle serate del festival di Sanremo 2007, al quale partecipano con la canzone Appena prima di partire, classificatasi nona. La canzone verrà incisa anche in inglese, insieme alla Furtado, con il titolo Win or Lose, destinata al mercato francese e tedesco.

I successi Semplicemente, Svegliarsi la mattina e Sei parte di me fanno parte dell’album Appena prima di partire, uscito il 2 marzo 2007 e diventato disco di platino con oltre 100.000 copie vendute. Tre brani di quest’album, ovvero Seduto qua, Semplicemente e Quello che mi davi tu vengono inseriti nella colonna sonora nel film Scusa ma ti chiamo amore, tratto dall’omonimo romanzo di Federico Moccia. Il 2009 è un altro anno pieno di highlights per il duo romano: esce infatti, ad aprile, Sotto una pioggia di parole – Appunti disordinati di un disco, il loro primo libro scritto in forma di diario, ma soprattutto esce a maggio il loro terzo album in studio, Sotto una pioggia di parole, che diventa ben presto disco d’oro ed è anticipato dal brano tormentone Per dimenticare. Gli altri singoli estratti sono Cos’è normale e Grazie.

Nel 2010 vengono scelti nuovamente da Federico Moccia per la colonna sonora di un film, stavolta di Scusa ma ti voglio sposare. Negli anni duemiladieci pubblicano ben tre album, ma con nessuno di questi il duo riesce a eguagliare il successo di Appena prima di partire e Sotto una pioggia di parole. Nel 2011 esce l’album Perdermi, anticipato dal singolo Questa estate strana, mentre nel 2014 esce Alla fine del giorno, trainato dai singoli All’improvviso e Adesso basta. Nel 2016 gli Zero Assoluto tornano al festival di Sanremo con il brano Di me e di te, eliminato prima della finale. Di me e di te è anche il titolo del loro sesto album in studio, uscito un mese dopo la fine del Festival.

E’ proprio dall’uscita di Di me e di te che gli Zero Assoluto sono spariti dalla circolazione. In questi anni Thomas e Matteo hanno infatti dato la priorità ad altri progetti, in entrambi i casi nel mondo del digitale. Matteo ha fondato la One Shot Agency, un’agenzia che segue youtuber, instagrammers e affini, ma anche cantanti (ad esempio Alessio Bernabei). Matteo è anche uno scrittore e ha pubblicato nel 2018 il libro Rivoluzione Youtuber, sogni e affari, le star del web si raccontano. Thomas ha invece fondato Mkers, una società sportiva per e-sporters, ovvero giocatori professionisti di videogiochi. Nonostante si stiano dedicando ad altro, gli Zero Assoluto non hanno rotto con il loro passato da popstar né con la musica e questo emerge dal loro profilo Instagram sul quale sono molto attivi. I due non perdono occasione di sottolineare il legame ancora forte con la musica e annunciano persino di avere progetti per il futuro. Non ci resta che attendere pazientemente il loro ritorno!

Direi che anche oggi abbiamo fatto il pieno di nostalgia! Quale artista ti piacerebbe fosse il protagonista del prossimo Che fine hanno fatto? Faccelo sapere!

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Buon compleanno Matt Bellamy! 5 curiosità sul frontman dei Muse

Matt Bellamy è il primo volto che mi viene in mente quando penso alla definizione di frontman. E’ un performer impeccabile, eccentrico quanto basta, dotato di grande carisma e di immenso talento. Nasce a Cambridge il 9 giugno del 1978 e cresce nella contea del Devon, nel sud dell’Inghilterra, dove ancora bambino impara a suonare il pianoforte e la chitarra. La storia dei Muse è saldamente intrecciata a quella della sua vita: i primi passi del gruppo risalgono già al 1994, quando un Matt Bellamy sedicenne decide di trasformare la sua band di liceali, i Rocket Baby Dolls, in un progetto più professionale che prenderà il nome di Muse. I ventisei anni di attività della band sono un tripudio di spettacolari performance e audaci sperimentazioni, che portano la band ad attraversare e fare propri una serie di generi musicali, dal rock alternativo alla musica elettronica, passando per la musica classica e il rock più progressivo.

Oggi, nel giorno del suo quarantaduesimo compleanno, celebriamo questo grande performer e vi sveliamo cinque curiosità su di lui. Siete pronti a scoprirle?

  1. E’ un chitarrista strepitoso. Il diciannovesimo miglior chitarrista di sempre secondo il sito di news musicali britannico Gigwise. Per i lettori di Total Guitar, il riff di Plug in Baby è il tredicesimo miglior riff di sempre e la rivista, nell’edizione del gennaio 2010, l’ha eletto persino chitarrista del decennio, definendolo l’Hendrix della sua generazione. Anche BBC Radio 6 segue questa linea e proclama Bellamy miglior chitarrista degli ultimi trent’anni.
  2. Bellamy detiene il Guinness Word Record per numero di chitarre distrutte in tour. Il record di 140 è stato stabilito durante l’Absolution Tour, svoltosi tra il 2003 e il 2004.
  3. E’ un grande fan di Jeff Buckley, a cui da sempre si ispira soprattutto per quanto riguarda l’uso della voce e l’estensivo uso del falsetto, con il tempo diventato uno dei suoi tratti distintivi. Ha recentemente acquistato la leggendaria chitarra Fender Telecaster che Buckley utilizzò per registrare l’iconico album Grace. Bellamy ha in mente di utilizzarla per la registrazione del prossimo album in studio dei Muse.
  4. Fa parte, come bassista, di una band tributo ai Beatles, The Jaded Hearts Club, della quale fanno parte anche Miles Kane e Graham Coxon.
  5. E’ molto legato all’Italia. Bellamy ha avuto una relazione, durata ben nove anni, con una psicoterapeuta italiana; insieme a lei ha vissuto per quattro anni sul lago di Como, a Moltrasio. La sua proprietà fu messa in vendita dopo la fine della relazione, avvenuta nel 2010, ma il cantante rimane molto legato al nostro paese. Ha fondato a Moltrasio anche il Bellini studio, lo studio di registrazione dove fu registrato anche The Resistance, l’album dei Muse uscito nel 2009.

Cosa ne pensi di Matt Bellamy? Conoscevi queste curiosità su di lui?

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Coming (very) soon. le uscite estive con Bob Dylan, John Legend e Deep Purple

Sono tempi caotici per il panorama musicale. La cancellazione di tutti i tour, festival e qualsiasi altra forma di promozione ha spinto numerosi artisti a rimandare l’uscita dei loro album, previsti per la primavera, all’estate o a data da destinarsi. Spulciando tra le uscite dei prossimi mesi si nota una grossa confusione e anche le voci più autorevoli dell’informazione musicale sembrano non riuscire a mettersi d’accordo su quali siano le effettive date di uscita di alcuni dei prossimi album. Noi di SLQS abbiamo deciso comunque di raccogliere per voi i titoli più interessanti nel nostro consueto calendario Coming (Very) Soon, con la raccomandazione di tenere d’occhio i titoli ai quali siete interessati di più perché, di questi tempi, gli slittamenti sembrano essere all’ordine del giorno.

E’ prevista per il 5 giugno l’uscita del nuovo album della popstar britannica Ellie Goulding, che molto probabilmente si chiamerà Brightest Blue ed è stato anticipato a marzo dal singolo Worry About Me, in collaborazione con il cantante hip hop americano Blackbear. Attesissimo il nuovo album di John Legend Bigger Love, previsto invece per il 19 giugno e anticipato da un singolo omonimo dal ritmo estivo e sensuale. Protagonisti del video della canzone sono i fan di Legend che hanno risposto al suo appello inviandogli delle clip. Stessa data di uscita per il nuovo Rough and Rowdy Ways di Bob Dylan, che porta il cantautore da 125 milioni di dischi venduti a quota trentanove album in studio. E’ un doppio album, il primo di inediti dopo Tempest del 2012 e il primo in assoluto dopo la vittoria del premio Nobel per la letteratura nel 2016.

Non finiscono qui le uscite del 19 giugno. Sarà infatti anche la volta di Homegrown, l’album inedito di Neil Young registrato tra il 1974 e il 1975. All’epoca fu realizzata persino la copertina ma il disco non vide mai la luce. Si tratta di una serie brani molto intimi, scritti da Young nel periodo della fine della sua relazione con l’attrice Carrie Snodgress. Sono infine previsti per il 19 giugno anche il nuovo album pop-reggae del cantautore statunitense Jason Mraz, Look for the Good, e quello dei New Found Glory dal titolo Forever + Ever x Infinity, il decimo in studio per la rockband di Coral Springs. Esce a giugno, ma la data è ancora di definire, anche il nuovo dei Major Lazer, che si chiamerà Lazerism.

A luglio vedrà la luce un mixtape del progetto rap inglese The Streets (messo in piedi dal vocalist e polistrumentista Mike Skinner) dall’eloquente titolo None of Us Are Getting Out of This Life Alive. In tracklist anche un brano in collaborazione con Tame Impala, Call my Phone Thinking I’m Doing Nothing Better. Uscirà invece il 17 Hate for Sale di The Pretenders, prodotto da Stephen Street (produttore dei Blur, The Smiths e Cranberries). Il disco, già anticipato dai singoli The Buzz e You Can’t Hurt a Fool, era inizialmente programmato per il 1 maggio ma è slittato a causa della pandemia.

Previsto per il 7 agosto uno degli album più attesi di tutto il 2020, anch’esso rinviato a causa della pandemia. Si tratta di Whoosh!, ventunesimo album in studio dei Deep Purple, nonchè terza collaborazione con il grande produttore Bob Ezrin (The Wall dei Pink Floyd, vi dice qualcosa?) . «Deep Purple is putting the Deep back into Purple», scherzava la band durante il periodo trascorso in studio per lavorare a questo disco che si preannuncia già epico. Il 14 agosto segna invece il ritorno di una delle popstar americane più amate, la californiana Katy Perry che tornerà con un album dal titolo ancora top secret, del quale faranno sicuramente parte i brani Never Worn White e Daisies, usciti rispettivamente a marzo e maggio. Segnaliamo, infine, l’uscita di Energy del duo di musica elettronica Disclosure, e quella di Songs for the General Public di The Lemon Twigs, la band rock di Long Island dalle sonorità anni settanta.

Queste erano le uscite previste per quest’estate! Quali sono i titoli che terrete d’occhio?

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L’Eurovision ai tempi del Covid: come si svolge e dove vederlo

Noi della redazione di Smells Like Queen Spirit Mag eravamo a dir poco elettrizzate quando abbiamo realizzato che l’Eurovision 2020 si sarebbe tenuto nella città dove abita una di noi. Eravamo pronte a sbizzarrirci con live, articoli e contenuti extra direttamente dal famoso tappeto rosso. Nel 2019 la vittoria è andata infatti all’olandese Duncan Laurence con la sua Arcade e, di conseguenza, la kermesse quest’anno si sarebbe tenuta a Rotterdam, nei Paesi Bassi. L’emergenza sanitaria ha messo bruscamente fine alle nostre fantasie. Questa edizione, la numero sessantacinque, è stata annullata, o meglio non si terrà con le modalità alle quali tutti noi eravamo abituati.

La macchina del festival delle bandierine colorate con il quale si celebra la musica del vecchio continente quest’anno resta spenta, ma per fortuna non si spegne la musica. L’edizione di quest’anno si svolgerà in nome del distanziamento sociale e sarà racchiusa in una sola serata senza competizione e senza classifica, quella di sabato 16 maggio dal titolo Eurovision: Europe Shine a Light. L’evento sarà presentato dal trio inizialmente designato per condurre l’intero contest: l’attrice Chantal Janzen, il cantante Jan Smit e la cantante Edsilia Rombley (che aveva partecipato al contest nel 1998 e nel 2007). La YouTube Nikkie de Jager, nota al grande pubblico come NikkieTutorials, curerà i contenuti sui social media. In merito alla manifestazione, il produttore esecutivo Sietse Bakker ha dichiarato:

“Vogliamo mettere in piedi uno show che non solo mette al centro i 41 artisti che si sarebbero dovuti esibire a Rotterdam, ma che riesce a ispirare e a connettere quelli che in questi tempi difficili si trovano in casa, in Europa e al di fuori. Naturalmente renderemo omaggio anche a quelli che sono stati colpiti direttamente dalla crisi e a quelli che lavorano duramente per combattere questo virus. Diamo vita a un momento indimenticabile nella storia dell’Eurovision!” [Fonte: sito ufficiale della manifestazione].

All’evento parteciperanno quindi i 41 artisti che si sarebbero dovuti esibire a Rotterdam, ognuno in diretta da una location speciale nel proprio paese e ognuno con una hit proveniente dalle passate edizioni della kermesse. I brani che gli artisti avrebbero portato all’edizione di quest’anno saranno brevemente fatti ascoltare tra un’esibizione e l’altra. È inoltre prevista una performance di tutti gli artisti del brano Love Shine a Light di Katrina And The Waves, brano vincitore del 1997. Numerosissimi gli ospiti, tra i quali gli ex vincitori Marija Serifovic (Serbia, 2007), Ell & Nikki (Azerbaijan, 2011), Mans Zelmerlow (Svezia, 2015) e Gali Atari (Israele, 1979). Presenteranno i loro nuovi singoli il campione in carica Duncan Laurence (che ci farà ascoltare Someone Else) e l’amatissima Netta, cantante israeliana vincitrice del 2018.

Il programma, prodotto dalle tre emittenti olandesi NPO, NOS e AVROTROS, sarà trasmesso in Eurovisione sulle emittenti nazionali e sul canale Youtube della manifestazione. In Italia lo spettacolo andrà in onda il 16 maggio a partire dalle 20:35 su Rai1, condotto da Flavio Insinna e Federico Russo . Interverranno anche alcuni artisti italiani in gara nelle ultime edizioni, ovvero MahmoodErmal Meta e Fabrizio Moro, Il Volo, Francesca Michielin e Francesco Gabbani, che si esibiranno in brani celebri delle scorse edizioni. Previsto anche un intervento di Albano, mentre i look della serata saranno commentati in diretta da Enzo Miccio. Sarà possibile seguire l’evento anche sulla piattaforma Rai Play, su Rai 4 e Rai Radio 2 in compagnia di Ema Stoccolma e Gino Castaldo.

Quest’anno il nostro paese sarà rappresentato dal cantautore Diodato, reduce dalla vittoria al Festival di Sanremo con il brano Fai Rumore e fresco di David di Donatello per la miglior canzone originale (ha scritto e interpretato il brano Che vita meravigliosa, colonna sonora del film di Ferzan Özpetek La Dea Fortuna). A fare da sfondo all’esibizione di Diodato una location d’eccezione, ovvero l’Arena di Verona completamente vuota, illuminata soltanto da luci bianche e blu.

Noi non vediamo l’ora di assistere a questo Eurovision un po’ diverso. E voi lo guarderete?

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